La natura ci circonda. E’ una di quelle variabili imprevedibili da calcolare nello svolgersi della nostra vita. Per quanto l’uomo cerchi di domarla questa riesce sempre a svincolarsi dalle redini che cercano di pilotarla. La natura, nonostante l’uomo si illuda spesso del contrario, è superiore a noi. Non cessa di mostrarci quel suo lato violento. Questo suo volubile comportamento induce l’uomo ad avere un rapporto ambivalente con essa. A volte la chiama madre e altre matrigna.
Il genere umano ha sete di potere. Una sete che non può saziare del tutto. Riesce a domare alcuni animali. Con il suo ingegno si è procurato il titolo di dominatore. Si è spinto a modificare il corso della natura, costruendo dighe, creando isole dove prima vi era solo l’oceano, scavando tunnel che colleghino terre, ha modificato il ritmo dell’agricoltura. Ha esteso la sua influenza sempre più oltre i suoi confini. Quando la natura si scatena, quando risolleva il capo a testimoniare la sua indomabilità ecco che l’uomo ne riconosce i tratti crudeli. Sembrano quasi essere cancellati, tutti d’un colpo, i doni che essa ci fa.
Alcuni correnti filosofici, profondamente naturaliste, riconobbero a loro tempo l’importanza della natura. La natura è una madre buona. Siamo noi a doverci adattare ai suoi ritmi. Grazie a questo stile di vita, forse poco confortevole, è possibile trovare la felicità. E’ in profonda comunione con la natura che l’uomo realizza se stesso. In questa visione la natura diventa quasi una dea. E’ un’entità superiore che tutto regola e sa accogliere sotto la sua ala protettiva coloro che l’assecondano. Bisogna però riconoscere che, anche per coloro che così impostano il loro stile di vita, la natura può riservare sorprese. Non cessa, infatti, di manifestarsi nella sua magnificenza e potenza con qualche danno.
I suoi tratti s’intrecciano con quelli del fato. L’intrecciarsi di eventi, azioni, decisioni che non possiamo capire nella sua immensa complessità. In questo garbuglio spesso accade che la nostra vita non proceda esattamente come avevamo programmato. Quando il fato si fa avverso è facile cadere nello scoraggiamento. Si deve imputare a qualcuno o qualcosa l’insuccesso. E’ più facile scaricare su un terzo le responsabilità piuttosto che ammettere che tutto è frutto del caso. Per l’uomo perciò risulta molto facile imputare alla natura tutte le colpe delle nostre sofferenze, soprattutto se intervengono meccanismi strettamente legati ad essa, come le catastrofi ambientali. Diventa la fonte primaria del nostro soffrire. Rintracciamo una sorta di spirito vendicativo che non perde occasione per scatenarsi.
Non ci si sofferma mai a fare il ragionamento contrario. Se la natura potesse giudicarci, saremmo dolci o crudeli figli? Visti i sondaggi e i resoconti stimati dall’uomo stesso, la risposta sembrerebbe ricadere sulla seconda opzione. Ben pochi sono coloro che non danno per scontato ciò che abbiamo. Coloro che sanno ringraziare di cuore per quello che ci circonda. L’uomo dà spesso per scontato che tutto sia messo a nostra disposizione per essere da noi utilizzato per i nostri bisogni. L’uomo in questo senso è profondamente egoista. Bisognerebbe riconoscere i limiti di ciò che può essere utilizzato ed essere parsimoniosi. Il progresso non si è mai posto il problema di quanto la sua ricerca avrebbe danneggiato il nostro pianeta. Adesso non è più possibile chiudere gli occhi davanti ai disastri ecologici che abbiamo causato. Troppo concentrati su ciò che volevamo ottenere, non ci siamo posti il problema di che cosa avremmo perso continuando a sfruttare così la natura e i suoi doni.
Il rapporto natura-uomo può davvero schematizzarsi in un rapporto genitore-figlio? Si parte dal presupposto che tra queste due enti esista un vero legame. Siamo davvero legati profondamente con la natura? Potremmo azzardarci a dire che in realtà possa essere delineata come una semplice convivente, una compagna di pianeta. Come qualsiasi rapporto umano anche quello con la nostra coinquilina ha i suoi alti e i suoi bassi. Si va d’accordo o si litiga. Dire che essa abbia un vero e proprio odio o un profondo amore verso di noi forse non è così corretto. Ormai è entrato nel nostro vocabolario attribuirle i connotati di madre oppure di matrigna. Il maggior contributo a questa delineazione va forse a Leopardi che nella sua vasta produzione letteraria spesso si è rivolto a lei attribuendo talvolta un carattere positivo e talvolta negativo. Dovremmo semplicemente prendere atto di quello che succede intorno a noi senza dover per forza apporle un giudizio etico.